Artrosi d’anca: il supporto dell’osteopatia prima e dopo la chirurgia protesica

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Nei pazienti candidati a un impianto di protesi d’anca, la riabilitazione comincia in fase preoperatoria; ma prima e dopo l’intervento di chirurgia protesica il lavoro riabilitativo di competenza del fisioterapista può essere supportato da un’altra figura, quella dell’osteopata.

A questo proposito, mi avvalgo della collaborazione di professionisti come il Dottor Simone Speciale, laureato in Scienze Motorie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2015. Successivamente ha conseguito il Diploma in Massoterapia, il Diploma di terapista avanzato di riequilibrio posturale globale con metodo Raggi, un Master Universitario di I livello in Posturologia e Biomeccanica e il Diploma in Osteopatia D.O.

Figura professionale a cui affido i miei pazienti con artrosi d’anca prima e dopo l’intervento di chirurgia protesica, gli abbiamo posto alcune domande.

 

Dottor Speciale, qual è il ruolo dell’osteopatia prima di un intervento di protesi d’anca?

Il paziente con coxartrosi (artrosi dell’anca) candidato a un intervento di sostituzione protesica arriva da me con dolore. In alcuni casi si tratta di pazienti sottoposti a un ciclo di infiltrazioni con acido ialuronico finalizzate ad alleviare il dolore e ritardare l’intervento chirurgico.

Come osteopata valuto il paziente nella sua interezza, concentrandomi non tanto sul sintomo quanto piuttosto sulle possibili cause che hanno portato alla situazione attuale, con l’obiettivo di ripristinare un corretto funzionamento del corpo nel suo complesso. Anche nel caso specifico dell’artrosi d’anca, vado quindi a lavorare sul paziente nella sua globalità.

La prima seduta si divide in 3 fasi: 

  • anamnesi personale, per raccogliere informazioni relative alla storia clinica del paziente, a traumi e interventi chirurgici pregressi, e per valutare il tipo di dolore
  • valutazione posturale, per verificare l’atteggiamento e la presenza di squilibri nell’appoggio dei piedi o a carico del bacino 
  • test sull’anca, per valutare la mobilità dell’articolazione in termini di flessione, estensione e rotazione interna ed esterna.

 

Sulla base di quanto emerso da queste valutazioni viene impostato un piano di trattamento osteopatico.

Parallelamente al percorso di rinforzo muscolare preparatorio all’intervento chirurgico, di competenza del fisioterapista, con l’Osteopatia possiamo lavorare sulle problematiche correlate alla situazione contingente, per esempio problemi a carico della schiena o del ginocchio, e su dinamiche posturali sbagliate.

Per noi è importante capire le dinamiche che nel tempo possono aver contribuito all’insorgenza dell’artrosi, per esempio uno squilibrio posturale provocato da vecchi traumi, un piede piatto o una scoliosi trascurata, una problematica a livello viscerale. In alcuni casi, alterazioni posturali per trazione meccanica o per meccanismi di protezione possono essere correlate ad aderenze o restrizioni della mobilità a livello del tessuto muscolare, fasciale o viscerale dovute alla presenza di cicatrici di interventi pregressi effettuati in aree del corpo vicine all’anca (per es. appendicectomia, isterectomia, parto cesareo).

In sostanza, il trattamento osteopatico si concentra sulle zone che possono avere creato un’alterazione posturale tale da aver potuto contribuire all’insorgenza dell’artrosi.

 

Quanto è importante lavorare in sinergia con il chirurgo ortopedico e il fisioterapista?

Il mio lavoro presuppone una collaborazione continua con il chirurgo ortopedico e si interseca con quello del fisioterapista che si occupa di recuperare al meglio l’anca.

Nei pazienti con coxartrosi, in parallelo alla terapia infiltrativa con acido ialuronico effettuata dall’ortopedico per ridurre il dolore e l’infiammazione, e al rinforzo muscolare e alla rieducazione del passo di competenza del fisioterapista, il trattamento osteopatico può consentire di far guadagnare al paziente qualche grado di mobilità in più all’articolazione, una migliore elasticità dei tessuti, una riduzione del dolore e un miglioramento della postura, contribuendo a posticipare l’intervento chirurgico di sostituzione protesica.

 

Dopo l’intervento di protesi d’anca che tipo di supporto può dare al paziente? 

Quando inizio un lavoro con un paziente a cui è stata impiantata una protesi d’anca, mi occupo della persona nella sua globalità e non della protesi in sè. 

Si tratta di un paziente che ha una storia di dolore e dinamiche posturali messe in atto e portate avanti nel tempo, seppur in modo inconscio, per compensare un’articolazione che non si muoveva bene. 

E sebbene l’impianto protesico abbia ridonato al paziente operato la mobilità articolare, il suo schema motorio è ancora il medesimo; possono quindi essere presenti rigidità alla schiena, al ginocchio e alla caviglia, che devono essere trattate.

Viene valutato inoltre il bilanciamento dei carichi, se la persona tende a spostare il peso del corpo sull’anca controlaterale a quella operata per paura dell’appoggio sull’anca nuova, creando così dinamiche posturali alterate a protezione della protesi stessa. 

Il trattamento osteopatico, in sostanza, è finalizzato a correggere atteggiamenti posturali sbagliati correlati alla situazione contingente, ma non solo.

È possibile lavorare anche sulla cicatrice, sulla muscolatura intorno e sulla liberazione delle fasce di tessuto connettivo per migliorare l’aspetto circolatorio e l’elasticità dei tessuti, supportando a 360 gradi il lavoro del fisioterapista al fine di aiutare il paziente a raggiungere un recupero ottimale.


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